La gioia del Carnevale

La città era in festa in occasione del carnevale. Stelle filanti e coriandoli. Luci e canti di baldoria. Nella piazza centrale scorrevano i carri. Le maschere si esibivano allegre. Rideva Pulcinella con il suo abito bianco. Saltava la dolce Colombina. La banda suonava gioiosamente. Solo Franz, vestito da Arlecchino, era triste dentro di sé.

-Io non ho voglia di ridere!

diceva Franz sotto la maschera. Bambini e adulti erano coinvolti in balli e baccanali. Franz aveva nel cuore gli atti di scempio compiuti nei giorni precedenti. A caccia aveva ucciso la madre di un cerbiatto. In paese aveva rubato la borsa a una vecchietta. Aveva litigato coi vicini pur essendo in torto, aveva rotto vetri e sporcato la via del corso.

E’ bello gioire ed essere felici. Bisogna saper gioire per godere della vita!

urlava allegro il capo della festa.

 

Nell’occasione mille e più colori si vedevano scintillare per il paese. C’erano gli abiti delle signore, c’erano gli angoli pitturati dai bambini, c’erano ghirlande di fiori. Tutti erano in festa, solo Franz continuava a pensare alle sue malefatte ed era triste.

Mi viene da piangere!

diceva Franz. La popolazione continuava a cantare. Si servivano manicaretti e si danzava. I piccoli suonavano trombette, i grandi scherzavano. Al centro della piazza alcuni uomini avevano riempito di cenci due ceste.

Ecco i cenci, sono le malignità e le cattiverie compiute dalla gente!

disse uno.

Noi bruceremo tutto, così la cattiveria sparirà!

rispose un altro. Entrambi erano in maschera e saltavano. Presero un’esca di paglia e appiccarono il fuoco. Anche gli altri si misero a esultare attorno al falò, mentre le cattiverie bruciavano. Si udì una melodia strana accompagnare lo scoppiettio dei cenci che bruciavano. La magia del carnevale stava davvero bruciando le cattiverie della terra. Franz guardava attonito. Si sentì prendere egli stesso dall’incantesimo carnevalesco. Un’aria tiepida lo avvolse. Era la gioia della festa che lo invadeva. Si sentì purificato dai suoi peccati. Il cielo lo perdonava affinché si ravvedesse. Reso puro da quel prodigio si scordò di aver compiuto cattive azioni. Non si sentiva più in colpa. Si inginocchiò e chiese perdono.

Adesso mi sento puro!

anche lui cominciò a ridere e a ballare. Saltava tra i coriandoli e le stelle filanti. Si accomiatò al corteo dei saltimbanchi e si mise a fare evoluzioni e giochi. Ora che non pensava più di essere un mascalzone, e prometteva di agire bene, gli sembrava di essere in un altro mondo. Faceva salti mortali, giocava con il cerchio, batteva le mani, fischiava. Che baraonda di gaiezza e giocondità. Franz finalmente aveva il cuore libero e poteva gioire: bisogna essere in pace con sé stessi per poter provare gioia.

R. Bianchi

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