La borragine

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Breve storia sulla pianta
La borragine è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Boraginaceae.
La pianta è probabilmente originaria dell’Oriente, ed è diffusa in gran parte dell’Europa e nell’America centrale, dove cresce tuttora in forma spontanea fino ai 1000 m s.l.m.[1]. Viene coltivata in tutte le regioni temperate del globo. Il nome deriva dal latino “borra” (tessuto di lana ruvida), per la peluria che ricopre le foglie. Altri lo fanno derivare dall’arabo abu araq (= padre del sudore), attraverso il latino medievale borrago, forse per le proprietà sudorifere della pianta.
In cucina
La borragine è un’erba con un sapore simile a quello del cetriolo.
Le foglie e i germogli si consumano nelle insalate e cotti come spinaci e nelle minestre; gli steli vengono fritti. I fiori freschi, dal sapore delicato di cetriolo, possono essere aggiunti a insalate o messi a macerare in aceto bianco conferendogli un piacevole colore azzurro. Consumare con moderazione.
I fiori possono anche essere canditi o congelati in cubetti di ghiaccio per aggiungere un tocco festivo ai punch o ai drink freddi.
Si possono anche semplicemente aggiungere freschi alle bevande.
Proprietà terapeutiche diuretiche, depurative, emollienti, lenitive della pelle e delle mucose arrossate (per uso esterno).

Curiosità
Gli antichi romani furono i primi a usare la borragine, aggiungendola al vino. Il vino alla borragine era ritenuto un antidoto alla tristezza!
La parola Celtica “borrach” significa proprio “coraggio”. Infatti la borragine, aggiunta al vino, veniva usata appunto anche dai Celti per dare coraggio ai guerrieri per affrontare i nemici in battaglia.
Gli antichi Greci invece la usavano per curare i mal di testa da sbronzature.
Facciamo attenzione perchè gli esperti ci dicono che l’uso terapeutico in quantità rilevanti di foglie e fiori di borragine allo stato crudo è sconsigliato, sia per l’insufficienza delle evidenze mediche (sia positive che controindicazioni), sia per il fatto che i petali e le foglie crude conterrebbero, in quantità non ancora ben definite, alcaloidi pirrolizidinici, a potenziale attività epatotossica e cancerogena.