Champagne…per brindare a un incontro!

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Siamo abituati a berlo in compagnia durante le feste di compleanno o le più classiche feste di Natale, Capodanno, Pasqua. Già nel lontano 1973 Peppino di Capri lo menzionava in una sua famosa canzone. Fa molta simpatia ai più piccoli con tutte le sue bollicine. E almeno una volta nella vita bevendolo ci è venuto il singhiozzo. Ma la sapete qual’è la sua storia..?
La storia dello Champagne inizia alla fine del Seicento a circa centocinquanta chilometri a nord est di Parigi, nell’abbazia benedettina di Hautvillers. Un frate cantiniere di un’abbazia della zona, un certo Dom Pérignon, cominciò a studiare uno strano fenomeno che si ripeteva spesso con le bottiglie di vino stappate ermeticamente. In primavera il vino di alcune bottiglie rifermentava, e quelle che non esplodevano rumorosamente, una volta stappate davano un vino delicatamente profumato e ricco di spuma e di bollicine. Era nato lo Champagne, e il suo successo commerciale fu immediato e travolgente e dura immutato a tutt’oggi.
In quest’area di circa 350 chilometri quadrati si trovano, distribuiti in maniera piuttosto irregolare, 27 mila ettari di vigneti pregiati, che vengono coltivati solo ed unicamente dove la composizione del terreno è quella giusta, vale a dire dove, sotto un sottile strato di terra, c’è uno strato di calcare particolare, quasi bianco e di consistenza gessosa che i francesi chiamano “craie”.
Le uve che danno vita allo Champagne sono lo Chardonnay, il Pinot nero ed il Pinot meunier. Il territorio ha una grande influenza sulla qualità dell’uva e sul suo prezzo. I vigneti sono rigidamente classificati in base alla zona. Lo Chardonnay più pregiato, è quello proveniente dalla “Cote des Blancs” la zona a sud di Epernay, la città che con Reims si contende il titolo di capitale dello Champagne. I vini base vengono poi assemblati dopo un’attenta degustazione. E’ compito del capo cantiniere, il “maitre de cave”, creare la “cuvée”, ovvero stabilire ogni anno in che proporzioni debbano essere tagliati i vari vini a disposizione. Si aggiunge alla cuvée una piccola quantità di zucchero di canna e lieviti, che lo trasformeranno in alcol e anidride carbonica, e si imbottiglia, si procede cioè al “tirage” o presa di spuma. Le bottiglie vengono quindi sistemate coricate nelle fresche e profonde gallerie scavate nel calcare, dove, a una temperatura costante di circa 10 °C, il vino rifermenta. Le bottiglie rimangono in questa situazione per un periodo che va da un minimo di tre anni ai cinque, sei o più delle grandi riserve. Più lungo è il periodo di permanenza dello spumante a contatto con i lieviti, maggiore sarà la sua finezza ed eleganza.
Le tipologie sono molto numerose: si passa dai prodotti di base delle varie “Maisons” ai rosès, alle cuvées elaborate da uve di particolare prestigio, ai millesimés, quelli che provengono da un assemblaggio di vini di una sola annata, che si producono solo nelle migliori vendemmie. Questi ultimi, che non vedono aggiunte di vini più maturi, in gioventù non si esprimono al loro massimo: hanno bisogno di qualche anno di maturazione, e sono quindi i più adatti ad essere conservati in cantina.
Bevete lo Champagne nei bicchieri giusti, le flutes, che nel caso dei millesimati è meglio scegliere più panciute, per apprezzare meglio i sottili e delicati profumi. La temperatura ideale è sui 7-8 °C per i più giovani, che può salire di qualche grado per i millesimati. Dall’aperitivo ai primi piatti, dove i più giovani e freschi si comportano egregiamente, a quelli più maturi, ai rosés a ai blancs de noirs, che accompagnano piatti di carne e pesce più impegnativi, c’è sempre uno Champagne adatto. E con il dessert? Champagne sec o démi sec, o addirittura un rosé.

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