Vini d’Italia: La degustazione

E’ una tecnica (e un’arte) che permette di valutare il vino in tutti i suoi aspetti; è un’analisi sensoriale (od organolettica) sulla base di parametri qualitativi, teoricamente tradotta e comunicata secondo una terminologia codificata a livello internazionale. Ben diversa dunque dall’analisi chimica del vino,
basata su elementi quantitativi, e che può essere utile invece, ad esempio, dal punto di vista legale e, quindi commerciale. Ma anche come supporto di relativa conferma per le “sensazioni” del degustatore avveduto.
La degustazione è anche un’abitudine che migliora con l’esercizio e la varietà dei casi che si analizzano. Le condizioni migliori: per una degustazione tecnica, meglio “lavorare” di mattina ed essere a digiuno; altra cosa è il bere per il piacere di farlo e soprattutto per mangiare meglio (si sa, un abbinamento
riuscito valorizza il vino e il cibo). Scegliete una tovaglia bianca come sfondo per apprezzare il colore, evitando di fumare, di indossare profumi, e di gustare prima cibi dal sapore troppo forte o particolare (finocchi e carciofi crudi, cibi conditi con limone e aceto, o gelato, che inibisce le papille gustative, e va
bene, eventualmente, solo con i distillati).
Per valutare al meglio il colore del vino inclinare il bicchiere, mai riempito oltre un terzo, a 45 gradi, e concentratevi sul bordo del liquido, la cosiddetta “unghia”, il cui colore e permeabilità alla luce vi forniranno buoni indizi. Il bicchiere si ruota, invece, per far ossigenare il vino più rapidamente e promuovere
l’espansione del bouquet. I famosi “archetti” che si notano sulle pareti, soprattutto con i vini rossi, indicano l’alcolicità (quanto più sono elevati) e la morbidezza (se sono fitti e scendono lentamente).
L’esame visivo valuta la limpidezza ed il colore. È importante anche per riscontrare la rispondenza al tipo di vitigno e allo stato evolutivo (cioè all’età “dimostrata” rispetto all’età anagrafica) del vino: bianchi, rosé e rossi tendono nel tempo
a trasformare il colore, per caricarlo, nei bianchi, dal giallo verdolino, al paglierino, fino al dorato e
all’ambrato; o per scaricarlo con l’invecchiamento, nei rossi, tendendo all’aranciato e addirittura al rosa mattone. In questi casi si deve prestare attenzione a possibili ossidazioni (anche da cattiva conservazione).
Il colore indica anche il tipo di vino, ad esempio passiti e liquorosi hanno sempre colori giallo carico tra il dorato e l’ambrato. Particolare luminescenza è propria dei vini spumanti per effetto della rifrazione dell’anidride carbonica. A proposito:
come si valuta il perlage?
L’alta qualità è data da bollicine con grana fine, numerose
e persistenti.
Ora si può inspirare profondamente con il naso nel bicchiere, possibilmente una narice per volta, rapidamente (l’olfatto si assuefà facilmente). I difetti principali sono il sentore di ‘tappo’, lo ‘spunto acetico’ o un po’ di anidride solforosa. Il profumo è dato dagli aromi primari (tipici dell’uva, e dunque importanti per riconoscere i vitigni aromatici, e poi in genere
i monovitigni, con identificazioni peculiari come la foglia del pomodoro per il Sauvignon, la rosa e le spezie per il Gewü rztraminer, la ciliegia resca del Sangiovese), ma anche dagli aromi secondari e terziari, importanti soprattutto nei grandi vini, con un bouquet ampio, reso ancor più complesso dall’invecchiamento.
Del profumo si valuta l’intensità, la persistenza (fondamentali
per l’abbinamento con il cibo: non ci deve essere la prevalenza né dell’uno né dell’altro). Poi si passa alla descrizione: se la qualità è alta, i sentori riconoscibili saranno distinguibili e numerosi; all’inizio per facilitarsi il compito si
può partire, al contrario, dagli aromi, e provare a cercarli nel vino, tenendo presenti alcune regole di affinità e tipicità, per poi poter procedere anche ad una degustazione cieca, cioè con bottiglie che qualcuno avrà “bendato” per voi. I vini bianchi, ad esempio, avranno in genere sentori floreali, o di frutta
bianca o gialla, più o meno maturi, oltre alla rispondenza tipologica al vitigno.
Ma l’elenco delle sensazioni possibili è quanto mai vasto: frutta fresca, cotta, in confettura e secca; fiori, sentori vegetali; lieviti, crosta, pane (tipici degli spumanti); spezie; eteri (sentore di vernice e solvente, tipico ad esempio di molti passiti, dove è regolarmente presente un po’ di acidità volatile), fino a sentori diversi che toccano il sottobosco, l’animale (il sottosella teorizzato dai francesi), la pelliccia, il cuoio, la liquerizia, il cioccolato, e molto altro ancora.
Il terzo incontro è l’esame gustativo, che richiede un sorso da far “girare” lambendo tutta la bocca, quindi deglutire e masticare a bocca vuota: se il vino è persistente, l’esame non è ancora fi nito e il “ricordo” del vino può dirci ancora qualcosa. La prima cosa che si percepisce è la dolcezza, quindi la morbidezza, che permette di valutare un vino secco, abboccato o dolce e intuirne la gradazione alcolica (l’alcol in genere dà una sensazione di dolcezza): con l’aumento della gradazione cresce poi il calore. L’acidità che individua un vino più o meno fresco si misura dalla salivazione, come sapidità, ma questa dopo la deglutizione. Per i rossi è importante la valutazione dei tannini, che danno astringenza: quando un vino è troppo giovane o non elegante
l’astringenza può essere inizialmente ruvida ma, talvolta,
se la massa dei tannini è palatabile, “spalmabile” alla fine
sul palato come burro di arachidi, è una promessa di
lunga vita. Nell’esame gustativo si considera, oltre a intensità e persistenza, la struttura: per cui un vino può essere magro o di corpo, fino ad essere pesante. Attenzione poi a cosa resta in bocca: il vino infatti non ha ancora finito il suo viaggio
e le sensazioni possono virare, per esempio con un fondo finale piacevole, ammandorlato o amaro. Ma prima di fare tutto questo, allenatevi. Iniziando da test semplici e utili.
Ecco alcuni esempi. Il test triangolare consente di accertare anche piccole
differenze tra due campioni dello stesso vino, ed è anche molto adatto per la formazione e l’allenamento; consiste in assaggi comparati e “ciechi” di tre campioni di cui due uguali tra loro, e il degustatore deve appunto riconoscere i due campioni uguali. Nel duo-trio test, con scopi analoghi, un campione funge da testimone e viene assaggiato da solo, e a parte. Quindi, dopo mezz’ora, si passa ad altri due vini: uno è lo stesso del testimone, l’altro è un vino differente; il degustatore deve indicare quale campione tra il secondo e il terzo è uguale al testimone. Il test di comparazione consiste nel confronto tra due campioni per accertare se esistono differenze puntate specificatamente su un certo carattere (per esempio la dolcezza); è adatto anche per determinare
una graduatoria fra più campioni. Interessante anche provare a mettere in fila correttamente diverse annate dello stesso vino in una cosiddetta degustazione “verticale” cieca. Il test di annotazione, quello classico, presuppone già una buona conoscenza tecnica, perché si devono indagare vari aspetti che poi
vanno annotati e descritti. Dovendo degustare un vino sconosciuto, il tecnico può esprimere giudizi e valutazioni su colore, limpidezza, corpo, profumo, aroma, acidità, alcolicità, ecc.; alla cieca, ammenoché non si sia con certezza riconosciuto il vino, è velleitario ovviamente ogni giudizio sulla tipicità. Per
procedere nel modo più ortodosso alla degustazione, è comunque necessario che il degustatore si trovi in buone condizioni (evitate i giorni di raffreddore e i periodi di allergie); il locale in cui avviene la degustazione deve avere una
temperatura di circa 18-20 °C con il 60-70% di umidità, essere esente da odori di disturbo e presentare la possibilità di ricambio dell’aria. La luce più adatta è quella solare, in mancanza della quale è necessario un tipo di luce che
non alteri i colori; non è quindi adatta quella al neon. Ricordate che i colori vivaci stimolano intensamente gli organi di senso, ma li stancano presto e talvolta li ingannano, per esempio la luce rossa rende più intenso il colore giallo del vino, e inoltre fa sempre più intenso il profumo del vino bianco. Concentratevi, prima
di degustare. Scrivete quel che sentite, prima di discuterne. Degustatori più “dialettici”, e non necessariamente più sensibili, potrebbero influenzarvi. Prendente sempre nota, quando degustate. E conservate i vostri taccuini. È una vera emozione confrontare la scheda di un vino riassaggiato a distanza di anni con quella relativa alla prima esperienza, ed è un doppio test. Sull’evoluzione del vino, e sulla vostra, come degustatori.

Fonte: Enoteca di Siena

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