Una tradizione tutta salentina

La puccia, dal latino “buccellatum” cioè la galletta dei soldati romani, è il pane tipico che ogni famiglia salentina (il Salento, noto anche come penisola salentina, è una subregione della Puglia meridionale, si trova tra il mar Ionio a ovest e il mar Adriatico a est) consuma ancora oggi la vigilia dell’Immacolata. In passato ogni vigilia era un giorno di penitenza, di digiuno ed astinenza dalla carni in preparazione alla festa dell’indomani.

 

 

Quella dell’Immacolata era una usanza secolare, presente nel regno di Napoli già prima della proclamazione del dogma di Pio IX sulla Concezione l’8 dicembre1854. La “vera” puccia salentina, che non è la puccia commerciale per i turisti, è impastata con le olive nere e va cotta al forno a legna che le dà un sapore ed un profumo eccezionali.

 

Era farcita, tra l’altro, con sarde salate, ricotta forte, capperi, tonno, pesciolini, abbondante olio, ecc. ed era l’unico pasto del giorno fino alla cena a base di verdure, baccalà e “pittule”
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(la ricetta QUI) intinte nel vin cotto.
Un antico detto popolare salentino recita così: “te la Mmaculata la prima pittulata”

 

cioè

secondo la tradizione le “pittule” si preparano e si mangiano per la prima volta nel giorno dell’Immacolata”

Per la sua semplicità e lunga conservazione la puccia era il pane dei poveri ed assaporare le olive, a dicembre ancora aspre in un giorno di penitenza, doveva ricordare l’amarezza, la precarietà e la fugacità della vita umana.
È tradizione dire

“vane prima le pucce te li panetti”

 

per indicare la precedenza di cottura nel forno e, metaforicamente, l’incertezza della vita e della morte. Secondo una leggenda la sacralità delle olive, e quindi della puccia, si rifà alla fuga della Sacra Famiglia quando fu proprio un ulivo secolare che, nascondendoli nel suo tronco cavo, salvò Maria e il piccolo Gesù dai soldati di Erode;

 

“àprite ulìa e scundi Maria”.

cioè

“apriti ulivo e nascondi Maria”.

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