La fuga di Pulcinella

Pulcinella era la marionetta più irrequieta di tutto il vecchio teatrino.
Aveva sempre da protestare, o perché all’ora della recita avrebbe preferito andare a spasso, o perché il burattinaio gli assegnava una parte buffa…
“Un giorno o l’altro, taglio la corda!”.
E così fece. Una notte, egli riuscì a impadronirsi di un paio di forbici dimenticate dal burattinaio, tagliò i fili che gli legavano la testa, le mani e i piedi e propose ad Arlecchino: “Vieni con me”. Arlecchino non voleva saperne di separarsi da Colombina. “Andrò da solo” decise.
Si gettò coraggiosamente a terra e via, gambe in spalla. “Che bellezza” pensava correndo “non sentirsi più tirare da tutte le parti da quei maledetti fili! Che bellezza mettere il piede proprio nel punto dove si vuole”. Il mondo, per una marionetta solitaria, è grande e terribile, ma ad ogni buon conto, Pulcinella si rifugiò in un giardino, si acquattò contro un muricciolo e si addormentò.
Allo spuntare del sole si destò e aveva fame. Intorno a lui non c’erano che garofani, tulipani, zinnie e ortensie.
“Pazienza” si disse Pulcinella e colto un garofano cominciò a mordicchiarne i petali con una certa diffidenza.
Non era come mangiare una bistecca ai ferri o un filetto di pesce persico; i fiori hanno molto profumo e poco sapore.
Ma a Pulcinella quello parve il sapore della libertà, e al secondo boccone era sicuro di non aver mai gustato cibo più delizioso. Decise di rimanere per sempre in quel giardino.
Dormiva al riparo di una grande magnolia le cui dure foglie non temevano pioggia né grandine e si nutriva di fiori.
Pulcinella sognava montagne di spaghetti e pianure di mozzarella, ma non si arrendeva.
Era diventato secco secco, ma così profumato che qualche volta le api si posavano su di lui.
Venne l’inverno, il giardino sfiorito aspettava la prima neve e la povera marionetta non aveva più nulla da mangiare.
Non dite che avrebbe potuto riprendere il viaggio: le sue povere gambe di legno non lo avrebbero portato lontano. “Pazienza” si disse Pulcinella “Morirò qui. Morirò libero: nessuno potrà più legare un filo alla mia testa”.
La prima neve lo seppellì sotto una morbida coperta bianca. In primavera, proprio in quel punto, crebbe un garofano.
Sottoterra, calmo e felice, Pulcinella pensava: “Ecco, sulla mia testa è cresciuto un fiore.
C’è qualcuno più felice di me?”. Ma non era morto, perché le marionette di legno non possono morire.
È ancora là sotto e nessuno lo sa.
Se sarete voi a trovarlo, non attaccategli un filo in testa: ai re e alle regine del teatrino quel filo non dà fastidio, ma lui non lo può proprio soffrire.

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