Il cammello spelacchiato

In una notte d’inverno, un cammello spelacchiato se ne stava sdraiato sotto una palma da datteri, tutto triste, rimuginando i maltrattamenti subiti dal padrone. Vide brillare una stella più luminosa delle altre. Chiese cosa fosse alla scimmia, che sapeva tutto di tutti, ma non ebbe risposta. In quel momento, giunsero tre misteriosi personaggi, sontuosamente vestiti di damasco con servitori e dromedari carichi di doni.

 

 

 

Gli dissero:

 

 

«È una cometa che indica la strada per raggiungere Betlemme, dove è nato il Re dei re».

 

 

 

 

Lo invitarono a unirsi a loro. Ebbe un momento di perplessità, non avendo nulla da offrire. Un Angelo gli sussurrò di raccogliere sulla vicina collina tanti rami secchi, di legarli in due grosse fascine per metterle sui fianchi.

 

 

 

«Il tuo dono-

 

 

aggiunse

 

 

 

– sarà più gradito e più utile dell’incenso, della mirra e dell’oro di questi tre personaggi».

 

 

 

Non comprese il messaggio, ma obbedì. La carovana camminò per molti giorni. A un bivio Gaspare per la stanchezza perse di mira la cometa e sbagliò strada. Si trovarono davanti a un grande lago ghiacciato. Sull’altra riva c’erano le barche, ma i traghettatori avevano finito il turno di lavoro. Gaspare fece un cenno:

 

 

 

«Fermi! Passerò io per primo, perché ho un carico leggero e vedrò se il ghiaccio tiene».

 

 

Raggiunse la riva senza difficoltà. Passò anche Baldassarre. Mentre Melchiorre, preceduto dal cammello, avvertì un minaccioso scricchiolio. Erano quasi all’altra sponda, quando il ghiaccio si spaccò. Sparirono nell’acqua e ricomparvero più volte. Melchiorre si attaccò alla coda del cammello. Gaspare e Baldassarre gli porsero una lunga asta di legno che i barcaioli usano per staccare le barche dalla riva. L’afferrò senza mollare la coda del cammello, che con un colpo di reni risalì la sponda. Ma le due fascine di legna rimasero a galleggiare lontano sull’acqua. Il cammello riuscì a salvare solo alcuni rami afferrati con i denti. Sconsolato, voleva abbandonare l’impresa:

 

 

 

«Non posso presentarmi al Re dei re a mani vuote»,

 

 

 

disse, chiudendo gli occhi. Gaspare lo incoraggiò a proseguire. Durante il viaggio il cammello raccontò la sua amara storia.

 

 

 

«Un tempo ero il re della steppa. Avevo una testa coronata da magnifiche corna e una coda superba. Un giorno un cervo, dalle gambe esili e una piccola testa pelata, mi disse: “Devo andare in Mongolia per partecipare all’assemblea di tutti gli animali. Vorrei fare bella figura, perciò ti chiedo di prestarmi le tue stupende corna!”. Essendo un vecchio amico, lo accontentai. Poi venne il cavallo che, sospirando, mi confidò: “Non riesco a conquistare la giumenta preferita, prestami la tua magnifica coda”. Mi fece compassione e gli prestai la coda in cambio di un misero codino con un ciuffo di peli in cima. Dopo tanto tempo incontrai il cervo, che mi disse: “Ti restituirò le corna solo quando le corna ricurve del montone toccheranno il cielo”. Poi seppi che il cavallo, più malevolo del cervo, andava raccontando dappertutto che, a suo tempo, ero stato io a rubargli la coda e lui poi se l’era ripresa». Così, ora mi ritrovo con quest’aspetto sgraziato.

 

 

 

I Magi ascoltarono in silenzio e si commossero. Proprio in quel momento la cometa si fermò. Nella grotta il Bambino Gesù tremava per il freddo. I Magi offrirono i loro doni. Giuseppe fece un cenno al cammello, che se ne stava triste in disparte. Venne avanti e depose in un angolo i pochi rami secchi salvati dal naufragio. Una scintilla dal cielo accese il fuoco. Il volto di Maria s’illuminò d’immenso e il Bambino accarezzò le sottili narici del cammello spelacchiato, che ringraziò con un dolce bramito, mentre gli Angeli cantavano:

 

 

 

«Gloria a Dio e pace agli uomini, che Egli ama!».

 

 

 

Tratto da “Buoni non solo a Natale” di Francesco Gioia

Leggi anche:

Loading

Precedente I doni dei Magi Successivo Arriva il collirio che non cola!

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.