#GiornataDellaMemoria: una storia per non dimenticare

Ricorre, oggi, il Giorno della Memoria, dedicato al ricordo dello sterminio attuato dai nazisti nei campi di concentramento.
Di ogni evento storico è importante la rievocazione di coloro che hanno vissuto personalmente le vicende, perché arrivi a noi la realtà dei fatti, insomma la verità, soprattutto quando si sono riportate grandi ferite.
Nel caso della Shoah, i racconti dei sopravvissuti ci conducono nelle baracche di quei campi che sono diventati cimiteri del popolo ebraico perseguitato.

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La storia di Dora Klein

Dora Klein, figlia unica di Baruch e Rozalia Herszkowicz, nacque in Polonia nel 1913, in una cittadina dove viveva una grande comunità ebraica. Dora ricevette una buona istruzione, intraprese gli studi in Medicina e per questo si trasferì a Bratislava. A causa della sua attività politica, fu espulsa dal Paese insieme ad altri compagni e si trasferì all’Università di Bologna dove si laureò e sostenendo poi a Napoli l’esame di Stato, a soli ventiquattro anni, era la più giovane donna medico in Italia.
Ebbe una bambina con cui non poté mai vivere, perché per la pericolosità della sua attività politica, fu costretta ad affidarla alla famiglia del padre. Con le leggi razziali, fu deportata nel campo di Fossoli, poi ad Auschwitz. Al suo ingresso, Mengele la prese per lavorare con un gruppo di altri medici.

“Un giorno improvvisamente, risuonarono fra le mura del blocco due numeri: quello di un’ebrea romena e il mio. Con il consueto pungolo “schnell, schnell” fummo introdotte in una specie di stamberga dove due ufficiali SS ci chiesero di confermare la nostra qualifica professionale”,

racconta Dora.

“Quello fu senza dubbio l’attimo cruciale della mia vita nel lager, perlomeno per il tempo trascorso ad Auschwitz. Con gesto istantaneo tolsi dal vestito, ove lo custodivo, il mio certificato di laurea sottoponendolo alla verifica delle SS. Questo documento produsse una sorprendente impressione sui due. L’Università di Bologna nota in tutto il mondo, e l’enfatica dicitura: laureata in “medicina e chirurgia” fecero il resto. Il caso mio era più unico che raro negli annali dei lager tedeschi… Le confidenze che i due si scambiavano a voce bassa, non nascondendo un pizzico di ammirazione per la mia previdente manovra… Fui subito gratificata con il titolo di Ärztin (dottoressa) che mi lasciò allibita dalla sorpresa”.

Dora Klein combatté la sua personale battaglia nel piccolo campo di Budy, di sole donne che contraevano la malaria, il tifo petecchiale, la TBC, e si sforzavano di tener nascoste le loro malattie per evitare il trasferimento ad Auschwitz, dove si sapeva della presenza delle camere a gas.


Il campo successivo fu quello di Belsen, in Sassonia, dove Dora trovò “montagne di cadaveri, di morti insieme ai moribondi che gemevano, piangevano”.
Lei stessa si ammalò di tifo, finendo in uno stato di totale prostrazione fisica, quando il campo venne liberato dopo due mesi dai reparti britannici. Dora Klein poté evitare la morte nel lager grazie alla sua laurea in medicina.

 

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