Tartufo: varietà, abbinamenti e proprietà salutari.

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Tutti sanno che costa caro, pochi cosa in effetti è, e come si adopera in cucina. Cominciamo con la prima questione: di tartufi ne esistono molti tipi, alcuni mangerecci, altri no. I più famosi fra quelli commestibili sono il bianco (Tuber Magnatum Pico) e il nero pregiato (Tuber Melanosporum Vittadini). Con il nome di bianco d’Alba vengono denominati tutti i tartufi bianchi di alta qualità, sia che provengono dalla cittadina piemontese sia che derivino da altre zone. I più cari sono comunque proprio quelli albesi di nome e di fatto. Se ne possono però trovare di ottimi anche ad Acqualagna (PS), a San Miniato (PI), a San Giovanni d’Asso (SI), a Città di Castello (PG) e persino in Molise. Si consuma crudo, tagliato in sottili listarelle che impreziosiscono alcuni piatti classici ad esempio le uova al burro, ma anche i tajarin al burro o all’albese. Quest’ultimi sono le tipiche tagliatelle strette langarole. Condite con poco burro e con il tartufo diventano una vera prelibatezza. I tajarin all’albese prevedono, al posto del burro, l’uso della fonduta di formaggio e del tartufo bianco. Il solo pensiero fa venire l’acquolina in bocca! La famosa bagna caoda (salsa di aglio, olio e acciughe), il risotto alla parmigiana, gli agnolotti con il sugo di arrosto, la fonduta piemontese. Non va cotto ma semplicemente “appoggiato”. Le possibilità di uso sono moltissime, ma i veri intenditori non hanno dubbi: il migliore abbinamento è proprio con le uova al burro. Un piatto semplicissimo che però riesce a rendere giustizia al bianco d’Alba come forse nessun altro. La grande concentrazione aromatica conferita dal tartufo bianco ad ogni piatto con cui entra in contatto crea alcuni problemi nell’abbinamento con il vino. Il tartufo, infatti, non ha un sapore preciso, non è né dolce né aspro né salato e nemmeno amaro. E’ aromatico e determina anche una grande persistenza di aroma nella bocca. Se con dei semplici tajarin al burro avremmo potuto abbinare un bianco di medio corpo, con dei tajarin al tartufo il discorso cambia. Il vino dovrà essere più concentrato, dovrà possedere una persistenza gustative maggiore, pena l’essere inesorabilmente sovrastato dall’odore acre del nobile tubero. Dovremo perciò optare per un rosso di buona struttura, almeno un Dolcetto d’Alba, ma forse anche un Nebbiolo d’Alba. Se il piatto con il quale il tartufo si sposa sarà a base di carne il discorso è simile. Il vino da abbinare dovrà essere più corposo, più maturo. Ecco perciò che con un filetto con fonduta e tartufo dovremo aprire una bottiglia di Barolo o di Barbaresco sufficientemente invecchiato (6-8 anni almeno). Con il bianco d’Alba, in ogni caso, l’abbinamento privilegiato sarà con un grande rosso della stessa zona. A differenza del bianco, il tartufo nero ama essere cotto, preferisce l’olio extravergine al burro e può essere usato come aromatizzante nei paté di foie gras e nelle galantine di pollo. Patria del miglior tartufo nero è Norcia. Sono deliziosi i crostini al tartufo, le frittate e gli spaghetti alla nursina con aglio, olio, acciughe e tartufo nero. Molto apprezzato dai francesi è il tartufo nero del Perigord, prezioso “condimento” per i confit d’oie e per tutte le preparazioni a base di fegato d’oca. Lo scorzone estivo (luglio e agosto) e il bianchetto (da febbraio ad aprile) sono varietà più diffuse ma meno apprezzate, adatte piuttosto alla trasformazione. Sagre e manifestazioni a tema, per lo più a novembre, a Valtopina, a Gubbio, Città di Castello, Norcia e Fabro. Il tartufo presenta numerose proprietà benefiche. E’ famoso per la sua ricchezza di antiossidanti, che aiutano a combattere i radicali liberi. Ha proprietà elasticizzati che stimolano la produzione di collagene. Al tartufo vengono inoltre attribuite proprietà afrodisiache, in quanto pare che le sostanze emanate da questo alimento possano provocare un particolare stato di benessere e favorire l’attrazione da parte del partner. Il tartufo è rimineralizzante e il suo consumo facilita la digestione.

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Una risposta a “Tartufo: varietà, abbinamenti e proprietà salutari.”

  1. Citazione: “Con il nome di bianco d’Alba vengono denominati tutti i tartufi bianchi di alta qualità, sia che provengono dalla cittadina piemontese sia che derivino da altre zone. I più cari sono comunque proprio quelli albesi di nome e di fatto. Se ne possono però trovare di ottimi anche ad Acqualagna (PS), a San Miniato (PI), a San Giovanni d’Asso (SI), a Città di Castello (PG) e persino in Molise.”

    Persino in Molise! Chi non è del settore non sa che la maggior parte del cosiddetto tartufo D’alba proviene soprattutto dalle altre regioni e in gran parte proprio dal Molise. La bontà del tartufo non dipende tanto dalla latitudine in cui è trovato ma piuttosto dalla pianta simbionte, dalle qualità organolettiche del terreno, e dalla maturazione del tartufo stesso. L’unica vera differenza tra tartufo d’Alba e quello delle altre regioni sta nel nome.

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