La “macchina parlante”

#AccaddeOggi
martedì 7 marzo 1876 (140 anni fa)

Una “macchina parlante” che attraverso un cavo metteva in contatto due persone distanti tra loro. L’invenzione destinata a cambiare per sempre la comunicazione umana fu vissuta come uno “scippo” in Italia e passò ben oltre un secolo tra carte bollate e rivendicazioni sulla stampa prima che venisse fatta parziale giustizia, senza tuttavia scrivere la parola fine.

Nato in Scozia, Alexander Graham Bell si dedicò fin da piccolo agli studi di acustica e sull’emissione della voce. Il suo interesse per le problematiche connesse alla comunicazione verbale era maturato dalle esperienze familiari: padre e nonno professori di dizione, madre sordomuta. E su quest’ultima che testò i suoi primi apparecchi finalizzati alla rieducazione dei sordomuti all’uso della voce.

 

Trasferitosi con la famiglia in America, qui riprese i suoi studi ottenendo la cattedra di Psicologia Vocale e Dizione all’Università di Boston, proseguendo gli esperimenti sulle telecomunicazioni. Un primo importante risultato fu la messa a punto di un pianoforte in grado di trasmettere la musica a distanza attraverso segnali elettrici. La sfida da vincere era sostituire alla musica la voce umana. Bell vi riuscì grazie anche al sostegno economico degli investitori Gardiner Hubbard e Thomas Sanders.

 

Partendo dalle nuove frontiere aperte dal telegrafo elettrico, inventò una macchina parlante che più tardi prese il nome di telefono elettrico e il cui brevetto venne rilasciato il 7 marzo del 1876. La prima dimostrazione in pubblico ebbe luogo in estate nel corso dell’Esposizione di Filadelfia, organizzata per celebrare il centenario della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti. Bell pronunciò nel microfono il celebre dilemma shakespeariano «essere o non essere, questo è il problema» e la sua voce raggiunse, a 150 metri da lui, Paolo II imperatore del Brasile, attaccato al cavo ricevente.

 

 

L’episodio spalancò a Bell le porte del successo economico: dopo aver fondato una compagnia telefonica che portava il suo nome, portò il telefono in giro per il mondo estasiando sovrani e capi di Stato, tra cui la regina Vittoria. In quello stesso periodo si vide investito dalle prime accuse di aver copiato invenzioni già esistenti. Se Elisha Gray aveva brevettato il telefono a induzione magnetica quasi in contemporanea a Bell, ben cinque anni prima un inventore fiorentino, trapiantato negli USA, aveva registrato un apparecchio simile, denominato telettrofono.

Il suo nome era Antonio Meucci. Per via delle ristrettezze economiche lo stesso non aveva potuto rinnovare il brevetto provvisorio concessogli nel 1871 e questo aveva spianato la strada al primato di Bell. Ne seguì una lunga contesa tra Italia e Stati Uniti a colpi di carte bollate e sentenze, risolta in parte nel 2002, quando il Congresso degli Stati Uniti riconobbe la priorità dell’italiano nell’invenzione del telefono.

 

In realtà le rispettive comunità scientifiche continuano a dividersi sull’attribuzione del primato.


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