Cosa bisogna sapere sulle intolleranze alimentari?

Per intolleranza alimentare s’intende l’ipersensibilità ad uno o più alimenti che contengono particolari sostanze chimiche. I sintomi spesso associati alle intolleranze alimentari vanno dal malessere gastrointestinale (nausea, vomito, coliche, diarrea, meteorismo, gonfiore, colon irritabile, stipsi) all’asma, cefalea, debolezza, afte, dermatiti, orticaria, cellulite, sovrappeso e dimagrimento.
Nuovi approcci terapeutici alle patologie psicosomatiche correlano anche l’alimentazione a stati ansiosi, depressivi, insonnia, sindrome premestruale e disturbi comportamentali. In particolari condizioni di stress psicofisico, a causa di alterazioni della flora batterica intestinale, per una scorretta igiene alimentare o per un consumo smodato di un alimento di cui siamo particolarmente golosi, l’assunzione di uno o più alimenti può infatti scatenare reazioni indesiderate.

1. Le intolleranze non sono allergie
I sintomi sono sovrapponibili, ma intolleranze ed allergie alimentari vengono scatenate da meccanismi immunitari e metabolici differenti.
Mentre l’intolleranza può regredire attuando una dieta che escluda per un periodo limitato di tempo l’alimento individuato come scatenante il malessere, la reazione allergica persiste a vita.
Le allergie alimentari sono infatti reazioni immunitarie che coinvolgono il rilascio di istamina: oltre alla sintomatologia gastrointestinale, possono dare difficoltà respiratorie, orticaria e degenerare nello shock anafilattico.
Alimenti come uova, frutta secca e la soia, proteine del latte, pesce, crostacei, pomodori e frutta vengono riconosciuti dal sistema immunitario e possono far insorgere severe reazioni allergiche.
Le allergie alimentari si evidenziano già nei primi anni di vita e si scatenano in soggetti sensibilizzati e predisposti alla reazione immunitaria nei confronti di alcune proteine alimentari, che sono innocue per la maggior parte

2. Più attenzione allo stile alimentare
Se il malessere si ripropone con frequenza oltre a chiedere una consulenza medica occorrerà avere maggiore cura nella scelta degli alimenti da consumare. Variare l’alimentazione è fondamentale per soddisfare i bisogni nutrizionali e anche per evitare che vengano raggiunte dosi tossiche di sostanze contaminanti o di additivi alimentari, come dei metalli pesanti nel pesce di grossa taglia o dei pesticidi nei vegetali.

3. Celiachia vs intolleranza al glutine
La celiachia è una patologia autoimmune che causa malassorbimento di tutti i nutrienti e può essere rintracciata solo con esami diagnostici. Chi ne soffre è sensibile anche a quantità infinitesimali di alimenti che contengono glutine.
I sintomi della celiachia si sovrappongono a diverse patologie: colon irritabile, intolleranze ad additivi alimentari, o ai lieviti. La cattiva qualità e l’eccessivo contenuto di glutine della farina utilizzata per i prodotti da forno, pizza, pane, pasta, cereali da colazione, cibi surgelati e conservati, birra e distillati, possono causare gonfiore addominale, ritenzione, variazione di peso e difficoltà digestive. Spesso questi sintomi regrediscono consumando cereali non raffinati, come il farro o il grano Khorasan, che pur contenendo glutine, hanno un profilo nutrizionale più completo, ricco di minerali, vitamine e fibre.
Per accertare la causa che scatena il gonfiore occorre escludere con esami specifici che si tratti di celiachia.

4. Intolleranze e deficit metabolici
Le intolleranze alimentari possono scaturire dall’incompleta assimilazione degli alimenti dovuta a deficit legati al metabolismo. In questo senso le “carenze metaboliche” più diffuse riguardano l’enzima lattasi. L’insufficienza di questa proteina, che diminuisce dopo la prima infanzia e se non si consumano con frequenza latticini, determina di conseguenza la sintomatologia da intolleranza al lattosio.

5. Serve la diagnosi!
Alimenti come pesce, vino, cioccolato, caffè, formaggi erborinati e stagionati, spezie, lievito di birra possono indurre intolleranze da ammine, sostenze che se non vengono metabolizzate possono scatenare emicrania, nausea, bruciore e formicolio delle mucose, crampi intestinali, tachicardia o manifestazioni cutanee. Le sintomatologie associate al consumo di alimenti possono manifestarsi immediatamente, avere latenza di qualche giorno o insorgere in maniera progressiva.
A parte gli esami clinici, i test allergologici e la dieta ad esclusione (previa consulenza medica e per un periodo limitato di tempo), alcuni approcci alternativi alla medicina tradizionale, come i test DRIA che valutano la variazione di forza muscolare dopo somministrazione dell’alimento a cui si è sensibili e test elettro-diagnostici, hanno solo valore indicativo.
Solo l’anamnesi medica può escludere altre patologie correlate ed indirizzare verso una diagnosi; è quindi importante chiedere un consulto medico, soprattutto se la sintomatologia si presenta con frequenza. Altre patologie genetiche enzimatiche (come il favismo) vengono invece già escluse con lo screening neonatale, ovvero l’insieme di esami volti a identificare patologie durante i primi giorni di vita del bambino.
Inoltre una particolare avversione verso un alimento può scaturire da un caso di tossinfezione alimentare, causata da alimenti tossici o contaminati da microrganismi o tossine batteriche, e l’intensità del malessere che ne consegue può diventare una convinzione errata di intolleranza e porta a evitare quel particolare ingrediente, diventando “intolleranza psicologica”.

Fonte::  cucchiaio.it

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