9 cose che (forse) non sai su Van Gogh

Nove aneddoti curiosi per ricordare una delle più affascinanti personalità artistiche di sempre nel giorno del suo compleanno.

Il 30 marzo 1853 nasceva a Zundert, in Olanda Vincent Willem van Gogh. Rappresenta il prototipo più famoso di artista maledetto; di artista che vive la sua breve vita tormentato da enormi angosce ed ansie esistenziali, al punto di concludere tragicamente la sua vita suicidandosi. Ecco la sua storia in 9 aspetti (forse) poco noti.

CANDELE. Per dipingere di notte, e rischiarare tela e tavolozza, Van Gogh indossava spesso un cappello di paglia costellato di candele accese. Varie fonti raccontano di averlo visto lavorare in alcuni caffè con lo strano indumento in testa, e le candele incastrate nella tesa o fissate con alcune mollette.
L’abitudine a dipingere di notte è ravvisabile nelle sue opere ma anche in alcune testimonianze scritte. “Spesso ho l’impressione che la notte sia molto più viva e riccamente colorata del giorno” si legge in una lettera al fratello Theo. In un altro passo della loro corrispondenza, Vincent racconta che Notte Stellata sul Rodano fu dipinta in notturna, “sotto un getto di gas”, con riferimento forse alla lampada usata per farsi luce.

ORECCHIO. L’auto mutilazione dell’orecchio sinistro – spesso citata come la prova di una conclamata follia – potrebbe nascondere in realtà la vendetta di un amico. Secondo alcuni storici sarebbe stato il pittore e per alcuni tempi coinquilino di Vincent Paul Gauguin – esperto schermitore – a mozzare parte del lobo (e non l’orecchio intero) durante una delle frequenti liti.
È la tesi sostenuta dai due storici di Amburgo Hans Kaufmann e Rita Wildegans, nel libro L’orecchio di van Gogh, Paul Gauguin e il patto del silenzio: i due ritengono che Van Gogh abbia poi raccontato di aver compiuto il gesto da solo per coprire Gauguin e convincerlo a continuare a vivere con lui. La tesi è controversa e rifiutata da molti; la ricostruzione dei fatti è ancora oggi incerta, come testimonia quest’altra tesi

NOTTE STELLATA. Uno dei capolavori pittorici più apprezzati al mondo fu dipinto dalla finestra di un ospedale: quello di Saint Paul de Mausole, appena fuori Saint Rémy, dove Vincent chiese di essere ricoverato nel maggio 1889.
In quello stesso periodo, Van Gogh realizzò alcune delle sue opere più celebri, come Iris e Uliveto. Vincent non fu mai soddisfatto della Notte Stellata: “non mi dice niente” scrisse in una lettera al fratello.


TOMBA. Il Vincent Van Gogh bambino crebbe vedendo una tomba che portava, scolpito sulla lapide, il suo stesso nome. Lì, vicino alla chiesa della cittadina di Zundert, in Olanda (dove nacque il pittore) era sepolto il fratello maggiore, nato morto. Vincent prese lo stesso nome del defunto fratellino.

TARDI. Figlio di un pastore protestante, provò a svolgere diversi lavori (maestro e mercante) fino a quando divenne predicatore, vivendo in villaggi di minatori. Qui si appassionò alle sorti dei lavoratori così tanto da essere considerato socialmente pericoloso dalle gerarchie ecclesiastiche. Fu quindi licenziato. La sua crisi interiore divenne più profonda, portandolo a vivere una vita sempre più tormentata. In questo periodo, era il 1880, Van Gogh iniziò a dipingere. La sua attività di pittore è durata solo dieci anni, dai 27 ai 37 anni, ma Van Gogh ebbe modo di recuperare il “tempo perduto”, con circa 900 dipinti (in media 2 alla settimana) e 1100 disegni realizzati prima della sua morte.

GIALLO. Il “giallo cromo” – una sorta di firma pittorica che caratterizza alcuni dipinti di Van Gogh, come i vari Girasoli o La camera di Arles, doveva essere molto più brillante quando fu steso su tela. Con il tempo, questo pigmento instabile è andato sbiadendo, e ha virato verso il marrone. Riportarlo alla brillantezza originaria non è possibile, dicono gli esperti. Si rischierebbe di danneggiare i dipinti in modo irreversibile.

IMMAGINE. Jeanne Calment, una francese di Arles vissuta 122 anni e morta nel 1997, incontrò Vincent Van Gogh nel 1888, nel negozio di famiglia. Lo descrisse come “sporco, mal vestito e sgradevole, per niente cortese e malato”.

FOTO. Oltre ai tanti autoritratti, potrebbe esserci anche una foto a ritrarre il volto di Van Gogh (vedi sopra). Ma se quello evidenziato sia davvero il viso del pittore, è ancora oggetto di dibattito. Lo scatto, databile 1887, è stato ritrovato da alcuni studiosi francesi. Van Gogh potrebbe essere, secondo alcuni, il terzo uomo sulla sinistra, mentre quello all’estrema destra sembrerebbe Gauguin.

L’ULTIMA LETTERA DI VAN GOGH. Quando il 37enne Vincent Van Gogh si sparò il 27 luglio 1890, togliendosi la vita, a Auvers-sur- Oise (Provenza), in tasca aveva una lettera incompiuta al fratello Theo. L’ultima di oltre 600 (una quarantina sono quelle di Theo a Vincent).
L’epistolario, riordinato all’inizio del Novecento, rivela lo stretto legame artistico e psicologico fra il pittore e il fratello (che era mercante d’arte). Le lettere contenevano spesso richieste di tele, pennelli e colori (il pittore olandese vendette un solo dipinto in tutta la sua vita; andò meglio con i disegni), confidenze e disillusioni, ma anche riflessioni essenziali.
“Ebbene, nel mio lavoro ci rischio la vita e la mia ragione vi si è consumata per metà”. Queste righe, le ultime della lettera, sembrano annunciare l’intenzione di suicidarsi. Il foglio, incompiuto e non firmato, si chiude con le parole “Ma che cosa vuoi mai?”.

 

 

Fonte: focus.it/

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