Bocconcini Margherita De’ Medici

È ben noto a tutti che la famosa pizza Margherita deve il suo nome alla Regina Margherita di Savoia. A me il nome Margherita per questi Bocconcini è venuto pensando ad una altra Margherita, Margherita de’ Medici, appunto!

Vi racconto una storia, del tutto inventata e probabilmente sicuramente anche con qualche errore anacronistico…ma a me è venuta così.

L’11 ottobre 1628, Margherita de’ Medici, figlia di Cosimo II de’ Medici, granduca di Toscana, e di Maria Maddalena d’Austria sposò Odoardo I Farnese, divenendo così Duchessa di Parma e Piacenza.
Un giorno, volendo gustare qualcosa che ricordasse la propria Toscana ordinò “Rape e Salsiccia“. I cuochi conoscevano bene quali fossero le doti della Duchessa: amabile, buona e perfettamente educata.
Pertanto pensarono che sebbene la forchetta fosse già stata utilizzata anche da una lontana parente della Duchessa, una tale Caterina de’ Medici, il suo fosse un po’ da stravaganti e che non si addicesse per niente ad una signora tanto ben educata.
Fu così che inserirono quel gustoso manicaretto all’interno di un piccolo panino, realizzato con la miglior farina coltivata nel Ducato, da mangiarsi così con le mani. E inventarono Rape e Salsiccia Finger-Food, ovvero i Bocconcini Margherita de’ Medici.

Piaciuta?
Si va oltre alla fantasia della ricetta eh? Ora invece voglio raccontarvi storia vera. La mia.

Sono una professionista in un Italia in crisi. Ma prima di tutto sono una mamma, una mamma che cucina per suo marito e per i suoi cuccioli. Una mamma che da un po’ ha deciso di condividere le sue ricette con il mondo attraverso questo Blog. E ha scoperto i CONTEST! Niente di più simile alla professione di Ingegnere. Un tema, delle norme da rispettare e un obiettivo a cui tendere. Come potevo non buttarmici a capo fitto? È così che ho colto la palla al balzo per il contest “Impastando si impara” di Molino Grassi.

Che per la verità non si è rivelato solo un contest ma una vera e propria scuola di panificazione, e grazie agli spunti ricevuti e un bel po’ di curiosità aggiunta ho imparato un sacco di cose: cos’è un alveografo, il rapporto p/l della farina, l’incordatura dell’impasto, il metodo Slap & Fold o Strech & Fold [in merito vi prego, guardate questo video e  ammirate il movimento di fianchi della signora! è FAVOLOSO!…e ottimo metodo per fare ginnastica..]!

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È così che è arrivato a casa un bel pacchettino giallo con dentro un grembiulino troppo carino e due farine meravigliose: la farina Kamut e la farina Miracolo della linea QB.  È stata quest’utlima ad ispirare (nel vero senso della parola) questa ricetta.

E ancora un’altra storia, anche questa. La storia del Grano “Miracolo”, ripresa direttamente dal post di Valentina Venuti, nostra tutor in questo contest!

Un tempo i contadini selezionavano le varietà di frumento più adatte alle condizioni climatiche ed al tipo di terreno della zona in cui vivevano, perchè non potevano avvalersi della chimica (concimi, fungicidi, pesticidi).
Poi ci fu la cosiddetta “rivoluzione verde” iniziata con il genetista italia Nazareno Strampelli che intorno agli anni ’20 applicò i principi dell’ibridazione e della genetica mendeliana per creare varietà a fusto breve, resistente alla ruggine (una malattia fungina) ed a maturazione precoce. Un approccio innovativo che dalla età del XX secolo portò ad un aumento vertiginoso della produzione mondiale creando specie più produttive, facili da lavorare con le macchine perchè di altezza ridotta (120 cm), capaci tollerare dosi massicce di fertilizzanti chimici.
Ma la natura ha sempre un perchè: i grani alti erano in grado di soffocare le erbacce, rendendo superfluo l’uso di diserbanti, mentre l’apparato radicale più sviluppato permetteva di assorbire meglio i nutrienti dal terreno.
Dal punto di vista del consumatore possiamo dire che il miglioramento ha comportato in realtà una perdita per quanto riguarda aromi, sapori, caratteristiche nutrizionali: la maggior parte degli ibridi che consumiamo sotto forma di farina ogni giorno contengono grandi quantità di proteine a discapito di oligoelementi e fibre.
Un tempo nel frumento le proteine insolubili (per intenderci – gluteina e gliadina – quelle che costituiscono il glutine) erano presenti intorno a l 10%, mentre dopo le varie modificazioni oggi può arrivare fino al 18%, quantità in grado di scatenare in soggetti sensibili intolleranze ed allergie.
La storia del Grano del Miracolo (Triticum Compositum) ha inizio un bel po’ di anni fa, quando il signor Claudio trova nella soffitta della sua casa in una frazione di Lesignano Bagni un sacchetto contenente dei chicchi di cereali, che, senza pensarci su, butta nella letamaia.
Anche se di tempo ne era passato parecchio da quando il nonno li aveva conservati, i chicchi erano ancora vitali, germogliano ed arrivati a maturazione mostrano caratteristiche ben diverse dal normale frumento: lo stelo alto 2 m e la spiga ramificata.
Insieme al frumento c’erano anche dei chicchi d’orzo, una varietà a chicco grosso e “svestito”, che verrà successivamente analizzato dal prof. Michele Stanca dell’Istituto Agrario di Fiorenzuola d’Arda e risulterà simile alla varietà Leonessa, selezionata negli anni ’20 dall’agronomo Nicola Strampelli ed utilizzata tostata, come surrogato del caffè durante il regime fascista.
Nasce così dalla ricerca del signor Claudio il progetto di salvaguardia e promozione di queste antiche varietà di frumento che Molino Grassi nel suo laboratorio ha analizzato ed utilizzato per fare prove di panificazione e che sta proponendo al consumatore finale attraverso i panifici con l’intento di diffondere i principi di salvaguardia e tutela dei prodotti del territorio.

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Valentina ha presentato questa meravigliosa (o Miracolosa?!?) farina anche a Geo, ecco il link del video.

Ovvia, ora dopo tante chiacchiere: la ricetta!

Bocconcini Margherita De’ Medici

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Ingredienti:
– 250 g di farina “Miracolo”
– 12,5 g di lievito di birra fresco
– 170  ml di acqua
– 1 pizzico di sale

per il ripieno
– 300 g di rape lessate, tritate e ben strizzate
– 1 salsiccia (circa 100 g)
– 1 aglio
– 1 pizzico di sale

per coprire
– 1 albume
– semi di finocchio
– olio

Preparazione dell’impasto

1. Mettere a scaldare l’acqua in modo da renderla appena tiepida (circa 30-35°C).
2. Sbriciolare il lievito in una ciotolina e aggiungervi circa un terzo dell’acqua in modo da scioglierlo bene. Lasciar riposare per circa 10 minuti.

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3. In una terrina versare la farina passata al setaccio. Versare al centro il lievito di birra e amalgamare un po’. Versare nella terrina anche il sale, lontano dal lievito.
4. Impastare bene il tutto, prima all’interno della ciotola e poi sul piano di lavoro.
5. A questo punto lavorare l’impasto con il metodo Slap & Fold, facendo almeno una cinquantina di giri. Io ho lavorato l’impasto a mano, perché non ho ancora molta confidenza con la mia impastatrice, ma visto che la scheda tecnica della farina riporta una stabilità di circa 2 minuti e una forza pari circa a 70 W, sconsiglierei l’impasto a macchina anche ai più esperti!

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6. Coprire con un canovaccio umido e far riposare in un luogo caldo e senza correnti per circa 2 ore. Un buon posto è il forno con la lucina accesa.

Preparazione del ripieno.

In una padella far saltare la salsiccia sbriciolata assieme all’aglio per circa 5 minuti, fin quando non inizia a tirare fuori il grasso. Aggiungere poi le rape e far insaporire per 2/3 minuti. Se necessario salare. Lasciar riposare e freddare.

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Preparazione dei Bocconcini

Trascorso il tempo di lievitazione dividere l’impasto in 32 piccole palline da circa 25 gr ciascuna (Ovvero dividere l’impasto a metà (2), ogni pezzo di nuovo a metà (4), ogni pezzo di nuovo a metà (8), ancora (16) e ancora (32)… per i matematici e gli scientifici dividere 2 alla quarta volte!). Dividere il ripieno allo stesso modo.

Schiacciare l’impasto leggermente con  la mano, appoggiare al centro il ripieno, chiudere e rigirare sulla teglia del forno, ricoperta di carta da forno.

Spennellare con la chiara d’uovo e cospargere con i semi di finocchio. Versare un filo d’olio e cuocere in forno statico, già caldo, a 200°C per circa 15 minuti o comunque finché non diventano leggermente dorati. BUON APPETITO!

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Ah dimenticavo… la dicitura di rito (per chi ancora non l’avesse intuito):

Con questa ricetta partecipo al contest di Molino Grassi

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